QUATTRORUOTE – Tanta Italia nella Indy Autonomous Challenge

Italiana la macchina, by Dallara, e italiane anche le due squadre che si sono piazzate alle spalle dell’Università Tecnica di Monaco di Baviera. I tedeschi sono arrivati primi nella sfida finale, che si è disputata il 23 ottobre sullo speedway dove si corre la 500 Miglia, conquistando il premio di un milione di dollari. Secondo il team Euroracing della UniMoRe, terzo PoliMove del Politecnico di Milano.

A tutta velocità senza pilota. Se non sono all’ordine del giorno, le competizioni con veicoli a guida autonoma sono comunque una realtà già da qualche anno. A distinguere la Indy Autonomous Challenge non è soltanto la location alquanto evocativa (la prima fase della gara si è svolta a maggio, proprio a ridosso della mitica 500 miglia), ma il fatto che si tratta di una competizione ad alta velocità (i 300 km/h annunciati per le DevBot della Roborace sono ancora tutti da dimostrare) che si svolge in un circuito vero. Organizzata dalla Cisco, la Iac ha richiamato 25 team, in rappresentanza di 39 università in 11 Paesi di quattro continenti, ma soltanto nove squadre sono arrivate alla fase conclusiva.

Tutta sensori e software. Gli oltre 500 studenti universitari, laureati e ricercatori, esperti nello studio e nella progettazione dei software di intelligenza artificiale che hanno risposto alla sfida hanno avuto a disposizione i telai Dallara AV-21 utilizzati dal 2002 anche nella Indy Lights (categoria preparatoria alla Indycar), con motore due litri Mazda da oltre 400 cavalli, opportunamente modificati per ospitare sistemi di guida autonoma. A fare la differenza, quindi, è stato soltanto il software, perché le macchine erano identiche anche nella componente sensoristica e nell’hardware: sei videocamere, tre lidar a stato solido e altrettanti radar, di cui due posteriori, Gps e altri dispositivi.

Vittoria tedesca. La più efficace si è dimostrata la monoposto del Tum, che ha percorso due giri sul leggendario Brickyard a una velocità media di 135,944 miglia orarie, ovvero 218,780 km/h, evitando ogni ostacolo fisico (non virtuale come nella RoboRace), appositamente collocato sul percorso per dimostrare che le vetture erano davvero in grado di prendere decisioni autonome. E autonomamente la macchina doveva anche rientrare e fermarsi ai box.

Superteam europeo sul secondo gradino. Promossa dall’Università di Modena e Reggio Emilia, la squadra Euroracing, capitanata dal professor Marko Bertogna, riuniva ricercatori provenienti anche da Pisa e Napoli, nonché dell’Eth di Zurigo e della Polish Academy of Sciences. Attraverso il suo spin-out HiPeRT, l’UniMoRe ha contribuito con la competenza maturata nella ricerca sulla guida autonoma, Pisa quelle nelle partecipazioni alla RoboRace, così come lo svizzero Eht che ha partecipato allo sviluppo del veicolo, che nelle sue bacheche espone più di un trofeo vinto nelle gare driverless. L’accademia polacca ha invece competenza nell’ambito delle reti neurali per la real-time perception. Infine, il team si è avvalso della collaborazione della napoletana MegaRide per ottimizzare le prestazioni dinamiche della Dallara, soprattutto per quanto riguarda la complessa interazione tra gomme, vettura e fondo stradale. La spin-out dell’Università Federico II sta lavorando anche sul dialogo tra i veicoli e le infrastrutture, passo fondamentale nello sviluppo della guida autonoma. Euroracing è risultata la più veloce nello spareggio finale a tre, un primato che ha mantenuto anche nel primo giro dopo i quattro di riscaldamento, raggiungendo i 224 km/h. La Dallara messa a punto dal team è stata però troppo lenta nel secondo giro in successione, valido per la classifica finale.

Terzo posto e molti rimpianti per PoliMove. Guidata dal professor Sergio Savanesi, la squadra composta da ricercatori del Politecnico di Milano (forte del suo dipartimento di elettronica, informazione e bioingegneria e del gruppo di ricerca Move, specializzato in automazione e controllo dei veicoli, fondato nel 2001) e dell’University of Alabama, si è aggiudicata il terzo posto. Il team italo-statunitense è stato particolarmente sfortunato. Dopo aver toccato i 252 km/h nei giri di riscaldamento, un doppio problema ai due Gps lo ha costretto al ritiro.

Il futuro. La Cisco, multinazionale specializzata in apparati di networking, sta già pensando alla prossima sfida, accarezzando l’idea di far correre tutte le macchine insieme. Si mormora di una gara a gennaio a Las Vegas e poi forse anche a Dubai.